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L'attività sociale > 2020 - Divagazioni II
 
 


Divagazioni al tempo del Coronavirus

2^ fase

 
 
 

Roberto Bragastini  

 

Ai miei (più ma dubito - ho 96 anni- e certamente meno) coevi

 

Prendo le mosse da una frase di Franco Giudizio (docente di Storia della Scienza) che mi è molto gradita: "Quanto si scrive va incontro ad un destino diverso dalle intenzioni dello scrivente e finisce in balla dei lettori". E perché vi scrivo? Anche per essere ricordato di aver lasciato un messaggio per sopravvivere nella quarta vita. Immagino le domande a questo punto e rispondo a mia personale convinzione: la prima nel ventre della madre, la seconda nel nostro presente, la terza quando si va di là, la quarta che si presenta sotto due aspetti: l’immortalità (mi basta citare Platone, Leonardo, Mozart ed Einstein) e l’eternità parziale del ricordo di qualunque dimensione che ognuno di noi lascia di sé fino alla totale estinzione dei viventi che lo ricordano e lo ricordino.
Vorrei dire ai lettori che i vecchi non hanno un futuro segnato e ignoto ma uno da vivere con piena consapevolezza pur con una biologia che sta dissolvendoci. Vorrei citare una ilare battuta di Alberto Savinio (se non erro) che dice: "Si tratta di ridursi a vivere in una stanza nella quale si entra con le proprie gambe e si esce con le braccia di altri". Si tenga presente che ognuno sperimenta la morte del prossimo ma mai la propria. Avverto che quanto segue non è avulso dal contenuto di questo lascito e con l’occasione rifiuto la frase che afferma essere "i ricordi gli acciacchi della vecchiaia" perché questa non è un fatto mentale di cui piangersi addosso, ma una serie di periodi a cui è stato dato un nome fra i quali il primo per capirci è infanzia.
Aggiungo a quanto sopra che la decisione di compilare questo lascito non giuridico è dovuta al desiderio che fra l lettori non pochi possano dire: "Anch’io mi ci riconosco e mi sento partecipe". Io penso di presentare me stesso come un "bon vivant"  per accedere al concetto di illuminista libertario e consentitemi di aggiungere libertino purché abbandoniate assolutamente maliziosi malintesi su questo sfortunato aggettivo storico vilipeso dagli ignoranti e innocente.
Detto questo mi sono chiesto quale potrebbe essere lo stile di vita da suggerire e ne ho presi in considerazione parecchi anche di notevole interesse e la preferenza è andata in direzione dello stile goliardico per adottare il quale occorre una fecondità partenogenica di rigenerazione (partenos = vergine) mentale. La storia della goliardia è anche, come si suole dire, maestra di vita: nasce nel XII ma secolo come aspetto alternativo alla tradizione con atteggiamenti beffardi, irriverenti, terreni, e anche libertari (In quest’ultimo senso parzialmente anticipa di ottocento anni un movimento che avrà un aspetto politico al quale mi sento di appartenere) con critica del conformismo e della corruzione del clero. Ne sono corifei (capi del coro nella tragedia greca ) i c1erici vagantes studenti e docenti esponenti del sapere laico e di umore (ante litteram) antiborghese che verseggiavano in latino odi non di carattere religioso ma rivolte alle donne, al vino ed ai piaceri cosiddetti terreni. Segnalo la piacevolezza di "Gaudeamus igitur, juvenes dum sumus" e la canzone di Gizzi e Melilli  che diventerà l’inno ufficiale  "Di canti di gioia, di canti d’amore, dai lacci sciogliemmo l’avvinto pensiero" e la composizione del tedesco Carl Orff che mette in musica il canto e codice duecentesco Carmina burana celebrante la giovinezza. Vorrei anche spogliare la goliardia da un aspetto elitario dovuto alla laurea.
Finisco la breve descrizione con una triste epigrafe in memoriam: il movimento goliardico con tutti i suoi riti studenteschi è morto nel Sessantotto e lascio alla libertà del lettore il rimpianto o l’applauso, Ho impostato questo messaggio anche etimologico sulla goliardia a prescindere dall’aspetto reale (vedi sopra) ma sulla sostanza-contenuto vitale per me ed i miei coevi perché il cervello a volte per riempire i "vuoti" pesca nei ricordi per fare confronti non sempre piacevoli. Fate attenzione, ripeto ancora, allo spirito che animava i clerici vagantes nei quali si accompagnava il gusto della trasgressione, la ricerca dell’ironia, il piacere della compagnia e dell’avventura mentale quando quella fisica reale non è più consentita ma anche autori prodotti letterari di tradizione, di un clima culturale con consuetudini stilistiche non comuni e con interessi anche spirituali. Preciso ancora per i lettori che la goliardia non aveva orientamento politico o religioso ma richiedeva inventiva, gioco e, soprattutto, il sorriso accattivante. Tenuto conto della nostra età è come recitare nel teatro dell’assurdo esercitando solo con i pensieri le impossibili azioni gestuali che il fisico impedisce. Amici miei: dei goliardi imitate anche la vitalissima e ribelle sensibilità. Il rinnovo psicologico maturato dalla passata attività professionale vi consentirà di inserirvi in un movimento intellettuale. Io non desidero entrare in conflitto con nessuno dei dissidenti.
Concludo nel caso siate raggiunti da un indugio rassegnato e dolente con una stupenda poesia di Gian Piero Bona da poco passato nei più a quasi 94 anni:

O tu melancolia
ninfa gentile che ti appoggi
sulla mia scrivania, gettando
sulla pagina il manto della sera.
Riscalda la mia vuota stanza,
ove talora si posava di nascosto
una lucciola sulla carta bianca

Per me cito Giovanni Pascoli:

O convitato della vita, è l’ora.
Brillino rossi i calici di vino;
tu né bramoso più, né sazio ancora,
                               lascia il festino.
(G.Pascoli, Myricae, Convivio, vv. 1-4)



 
 
 

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